Ogni porta, varco o passaggio che attraversiamo è per noi un tramite attraverso cui arrivare a qualcosa di nuovo e diverso, ma cosa succederebbe, invece, se ci concentrassimo proprio su quell’attimo di cambiamento in cui ancora tutto è possibile?
La vita è cambiamento e mai lo è stata come adesso. Ce lo rivela prima di tutto il vocabolario, insegnandoci lettera per lettera i molteplici termini in cui, negli anni, questo concetto fondamentale è stato articolato.
Evoluzione, crescita, maturità e, sempre più usato e abusato, resilienza, queste parole non fanno altro che riportarci alla nostra urgente tendenza al cambiamento, in tutte le sue forme, in ogni momento del nostro percorso.
Così come nei momenti di cambiamento riassumiamo e facciamo i conti con le nostre coscienze, così l’autore si raffronta nei passages dei suoi scatti, dove la città si stringe e si dilata, riunendosi tutta in pochi metri.

Le porte e gli archi diventano, negli occhi di 4Trees, come pietre miliari di un sentiero che coinvolge tutti, quasi fossero esperienze e storie condivise, al cui interno è possibile notare tutti i capitoli delle vicende di una città o di una vita, raccontate assieme come le immagini consecutive di un rullino.
“Il curioso vi staziona per osservare la città che scorre, restando invisibile.
Il fotografo gioca approfittando dei tagli di luce per comporre con ombre e silhouettes.
Il musicista suona cercando di attirare l’attenzione con i suoi virtuosismi.
Il pittore spera che qualcuno noti i suoi quadri non soltanto dopo averli calpestati.” scrive 4Trees.
Di fronte a tutto ciò, quindi, quale significato possono avere davvero questi passages per noi che li osserviamo distratti?

Percepiamo, comprendiamo e raccontiamo la nostra realtà attraverso punti essenziali. Una storia deve avere un inizio ed una fine, una meta un punto da cui partire, una porta due spazi connessi. Qualcosa deve portare a qualcos’altro e la necessità di una consecutività elimina l’attenzione al processo evolutivo che conduce da uno stato a quello successivo.
Il pensiero ci porta a interpretare il presente come una catena di eventi passati che hanno portato tutto ad essere esattamente dove e come lo vediamo adesso. Anche se questo legame ci costringe a ignorare ciò che questi passaggi davvero rappresentano per noi, soprattutto nell’istante stesso in cui li stiamo attraversando.
Una tale condizione congenita spesso diviene morbosa in un contesto frenetico come quello di una grande città. E così non ci accorgiamo di che strada intraprendiamo per raggiungere l’ufficio, di chi ci è passato accanto prima di aver incontrato la persona cercata.
Come nelle più recenti teorie della fisica contemporanea, anche i passages di 4Trees diventano sinonimi di indeterminazione, dove lo stato reale dei soggetti che lo stanno attraversando diventa impossibile da capire e interpretare nella sua interezza.
In parte conosciuti, in parte inconoscibili, come lo sguardo del gatto di Schrodinger.
Mentre la città collassa su sé stessa nello spazio di pochi metri e le certezze si mischiano alle strade e ai palazzi per poi disperdersi con le nostre illusioni, rimane solo da chiederci, chi è la persona che sta per attraversare quel varco e chi sarà colui che invece ne uscirà?
Sicuro è, per 4Trees, l’impressione sulla vita e sulla coscienza che i passages lasciano in noi, protagonisti invisibili dei suoi scatti.
Raccontare i luoghi passandoci attraverso. Questo è lo scopo che si prefissa il progetto. Progetto che non ha la presunzione di portare da qualche parte ma semplicemente vuole spingere a soffermarsi su un luogo poco considerato, spesso trascurato, e tanto caro a Walter Benjamin: i passages. Spesso vi si passa attraverso distrattamente.
Il curioso vi staziona per osservare la città che scorre, restando invisibile.
Il fotografo gioca approfittando dei tagli di luce per comporre con ombre e silhouettes.

Il musicista suona cercando di attirare l’attenzione con i suoi virtuosismi.
Il pittore spera che qualcuno noti i suoi quadri non soltanto dopo averli calpestati.
Nei passages la città cambia, si restringe, come se si accartocciasse in sé stessa, amplificando i suoi rumori.
Di giorno le voci e i suoni si fondono e diventano incomprensibili. Perfetta essenza della frenesia della città.
Di notte diventa una cassa armonica, un sussurro può trasformarsi in urlo. Il rumore dei passi diventare il battere di un tamburo.
Oltre la città non è più la stessa, qualcosa è cambiato. O, molto più probabilmente, siamo cambiati noi.
I passages di 4Trees
divengono quindi veri e propri templi in cui la realtà fenomenologica a noi percepibile, quella che si imprime e si proietta sul velo di maya si fonde, si sovrappone al suo piano etereo, anonimi baluardi dai quali osservare l’incessante divenire dell’universo, le infinite possibilità e come la casualità degli eventi scriva la storia di una delle tante possibili realtà.
Spesso, secondo 4Trees, pochi sono i cuori abbastanza leggeri da permettere di percepire la magia dietro a questi luoghi sì che l’osservazione da queste finestrelle, di questo stato di indeterminazione transiente, è spesso accompagnata da una solitudine pirandelliana amplificata dalla frenesia e dalla distrazione delle persone nel via vai che questi passages accolgono.
I passages divengono quasi metafora del principio di indeterminazione di Heisenberg – in cui possono conoscere precisamente solo una proprietà dello stato analizzato – e dimostrano quanto sia impossibile conoscere l’evoluzione temporale del sistema che ci circonda per quanto quotidianamente percepito quasi come deterministico.

Questi anonimi luoghi rivelano però un volto della realtà dallo sguardo conturbante. Ci si chiede, in un sistema tanto grande, in continuo divenire, di cui non posso conoscere tutte le proprietà in un preciso istante e che ogni volta che lo descrivo lo posso solo ridurre, con obbligata insufficienza, ad una approssimazione puntuale, se questo flusso etereo, se il divenire di ciò che ci circonda sia completamente indipendente da noi stessi e che quindi, a questo punto, le nostre scelte, la nostra azione, non ci appartengano o se, invece, sia il sistema che noi non si possa far altro che imprimere vicendevolmente delle variazioni in ogni istante.