Storia della fotografia

  • 1838

    Questa è la fotografia par exellance. Ottenuta tra 1838 e il 1839, ci mostra Boulevard du Temple, Parigi, 3rd arrondissement. E’ un cosiddetto dagherrotipo, ovvero una fotografia ottenuta tramite l’impatto di fotoni su una lastra di rame su cui è stato applicato uno strato di argento.

    Il padre di questa spettacolare invenzione si chiamava  Louis Jacques Mandé Daguerre. Ad essere corretti, tuttavia, è bene ricordare che quest’ultimo riuscì a finalizzarla solo dopo avere preso spunto e aver collaborato con Nicephore Niepce, autore di Veduta della finestra a Le Gras.

    Presentato da Francois Arago nel 1839 presso l’Académie des Sciences e l’Académie des Beaux Arts, il dagherrotipo ebbe immediatamente successo. Il desiderio di potere essere riprodotti con una precisione alquanto invidiabile a un ritratto ottenuto tramite la pittura si impadronì presto dei benestanti francesi e poco dopo del resto dell’Europa. Tuttavia, prima di sviluppare obiettivi luminosi e di lasciare il posto al collodio umido, sostanza in grado di accelerare i tempi di esposizione, il dagherrotipo veniva utilizzato principalmente per nature morte e paesaggi.

    Il dagherrotipo rappresentò la scintilla che permise agli scienziati ed inventori europei di sviluppare una tecnica in grado di avvicinarsi alla moderna fotografia. Da lì a poco, infatti, tramite l’utilizzo del sopra citato collodio umido, la fotografia fu accessibile anche al ceto medio, dando inizio alla moda delle carte da visite e al loro collazionamento.

  • 1844

    Henri Fox Talbot pubblica The Pencil of Nature

    William Fox Talbot nasce nella cittadina inglese di Melbury nel febbraio 1800. Frequenta il Trinity College di Cambridge, dove si laurea in studi classici mentre approfondisce parallelamente la matematica e le scienze. La sua vita cambia nel 1833 durante una visita sul lago di Como. Frustrato dalla sua inettitudine nel disegnare il paesaggio italiano, inizia a sognare una macchina che “disegni” automaticamente su carta quello che lui non riesce a riprodurre manualmente. Insieme alla sua vita cambierà anche il corso della storia della fotografia. In Europa come negli Stati Uniti nel frattempo molti stavano già lavorando per raggiungere il suo stesso obiettivo. Al suo ritorno in Inghilterra Talbot si mette immediatamente all’opera e realizza i suoi primi esperimenti in questo senso. A quel punto era già possibile creare un’immagine fotografica attraverso l’esposizione di carta fotosensibile, ma il processo richiedeva un tempo di esposizione estremamente lungo e le immagini che ne risultavano tendevano a svanire rapidamente e quasi del tutto. Durante la sperimentazione Talbot scopre per caso che un’immagine, anche se invisibile, si formava sulla carta anche dopo un’esposizione breve. Elabora allora un sistema diviso in tre parti attraverso cui renderla visibile. Si tratta di sviluppo, fissaggio e stampa. La sua invenzione più importante è quella della calotipia, che rende per la prima volta ogni fotografia infinitamente riproducibile. Non solo: creando l’immagine su una superficie trasparente produce di fatto la prima forma di quello che è oggi il negativo. Nella prima immagine, quella su superficie trasparente, i bianchi risultano neri e i neri bianchi, mentre nella seconda, stampata in camera oscura, il risultato si rovescia dando una visione effettiva della realtà. Nel 1844 pubblica personalmente il libro “The Pencil of Nature” dove vengono riassunte le sue scoperte, che avranno un ruolo fondamentale per la fotografia editoriale su libri e riviste.

  • 1851

    Talbot utilizza una forte scarica elettrica per illuminare una scena e riuscire a fotografare nitidamente un soggetto in movimento. Nasce così il primo flash. Bisognerà attendere però altri 7 anni perché venga brevettato, da Erwin Quedenfeldt il 14 giugno del 1900, la prima lampada a flash. Si tratta di un flash a magnesio, il cui meccanismo produce un lampo di luce grazie all’inserimento di un filamento ricoperto di magnesio in una normale lampada elettrica: la scarica elettrica accende il magnesio che produce il lampo. Solo nel 1927 il magnesio viene sostituito con dei foglietti di alluminio ad opera di Paul Vierkotter. La diffusione delle pile a secco velocizza quindi il processo per arrivare al flash che conosciamo oggi – e nel 1929 viene prodotta la lampada Vakubitz (immagine 1), che permette per la prima volta la sincronizzazione di flash e otturatore. Diverse case di produzione iniziarono a negli anni ’30 a mettere sul mercato prodotti simili. Nel 1966 esce l’ultimo prodotto a base di magnesio disponibile su vasta scala: il cuboflash (immagine 2), che rimane in vendita fino agli anni 80. Nasce quindi il flash Through The Lens, il cosidetto TTL, brevettato da Nikon nella seconda metà degli anni 80. Il vantaggio principale del TTL sta nel fatto che è possibile misurare l’esposizione del flash insieme a quella della pellicola. Nel 1999, Nikon lancia sul mercato la prima reflex digitale, la D1, in cui sorgono delle nuove problematiche relative all’esposizione del flash. Queste vengono risolte attraverso un nuovo sistema per calcolare l’esposizione del flash. Attraverso una serie di successive approssimazioni a partire dalla tecnologia TTL e i-TTL, suoi eredi, ci sia avvia alla progettazione del flash contemporaneo.

  • 1888

    “You press the button, we do the rest” è il famosissimo slogan della Kodak n.1, ideata da George Eastman e lanciata sul mercato nel 1888. Tu premi un bottone, noi facciamo il resto: così si annuncia al pubblico la prima fotocamera ideata per essere utilizzata da tutti. Da questo momento in poi il mondo della produzione e riproduzione artistica non sarà più lo stesso. Alla portata di chiunque, la fotografia perde la sua aura elitaria: non più mezzo (quasi) esclusivo dei ritratti di famiglie benestanti, diviene ora un modo semplice di acquisizione visiva di ricordi. Simbolo di questa rivoluzione è la Kodak Girl, la ragazza Kodak (immagine 2 e 3), che appare in tutte le pubblicità. L’idea di utilizzare l’immagine di una donna per pubblicizzare il prodotto nasce dalla convinzione di Eastman che proprio le donne saranno le principali fruitrici della sua invenzione. E così è. La ragazza Kodak è elegante, sprezzante, audace; più di ogni altra cosa è invitante. Rappresenta un ideale con cui identificarsi. La donna moderna è – inizia a essere, all’inizio del ‘900 – più indipendente, e a godere di più libertà. Ecco che Kodak riesce allora a sfruttare il processo di liberazione femminile e a offrire alla donna del nuovo secolo uno strumento per fissare su pellicola la sua emancipazione.