Come si modifica la percezione di un luogo quando alla sua realtà si sovrappone una molteplicità di narrazioni? È ancora possibile che l’esperienza diretta del posto sia sufficiente a coglierne l’essenza se la sua storia è fatta di immaginari? Come deve comportarsi il fotografo davanti a una realtà le cui sfumature superano il concreto?

Nel suo progetto Nothern Sea Valeria Pierini si cimenta in un campo in cui la documentazione in loco non sembra sufficiente: “Come raccontare un paese che sembra L’Isola Che Non C’è, dall’identità così sofferta e meticcia, tanto sono molteplici e contrapposte le forze che lo hanno generato e lo tengono in vita?” si domanda la fotografa.

Per fissare un’immagine del Mare del Nord che corrisponda alla sua complessità, Pierini sceglie di utilizzare “la terza via,” quella che si costruisce “a cavallo tra memoria e immaginazione”. L’immagine è dichiaratamente costruita, eppure assolutamente corrispondente alla realtà, o perlomeno a una delle possibili realtà: “ispirandomi alla docu-fiction, ho collezionato erbari del mare, report e foto d’epoca e ho creato immagini ad hoc, come fossi un visitatore che dal futuro arriva in un paese ormai fuori le rotte”.

“Northern Sea parla di un’Isola del Mare del Nord, dei suoi scorci e migranti, di caserme abbandonate e di naufragi che hanno causato la redenzione di mercanti di schiavi. Un’Isola all’apparenza quieta, tomba di pirati e patria di storie e aneddoti”.
Non solo narrazione e realtà si intrecciano: Northern Sea ci mostra chiaramente che le due non possono che esistere sovrapposte, speculari e inscindibili: “una Leggenda contemporanea nella Leggenda, la mia, tra ciò che si ricorda e ciò che è scomparso, tra passato e un futuro solo immaginabile”.

Futuro e immaginazione: anche qui, quello che decidiamo di raccontarci determina la direzione del mondo che siamo intenti a costruire. La potenza delle storie è generalmente poco riconosciuta nella dalle nostre dinamiche sociali. Convinti di essere tutti concretezza, pianificazione e razionalità, e che questo sia un bene, diamo alla leggenda un ruolo secondario, la liquidiamo come poca cosa. Raccontare storie è però quello che l’uomo fa, in ogni aspetto della sua esistenza: senza narrazione non esiste futuro, come non c’è mondo senza linguaggio.

La fotografia di Pierini è un linguaggio, artefatto come qualsiasi altro, rivelatore di possibilità: ci spinge a comprendere che sotto e sopra lo strato del visibile e dell’esperibile si trovano infiniti e affascinanti mondi, dove non c’è spazio per la razionalità. Il sistema del noto viene stravolto, o meglio rovesciato. Non c’è il pensiero prima della creazione, ma la creazione prima e oltre il pensiero. Anzi, “nel caso di questi racconti succede esattamente il contrario: la linea verbale che li disegnerà, prende avvio senza alcun ‘think’ previo, c’è come un enorme coagulo, un blocco totale che è già il racconto”.

Non c’è ordine se non quello della spontaneità artistica, così naturale e difficile da ottenere a un tempo. “Prima sono venute le immagini” spiega l’artista, “dovevo liberarmi catturandole”. C’è stata poi un’ulteriore liberazione: il percorso attraverso l’editing. Tendiamo a giudicare negativamente le fotografie pesantemente editate, come fossero colpevoli di portarsi appresso una certa dose, indefinibile ma condannabile, di falsità. Se però si vuole cogliere la realtà che esiste e si sviluppa al di là del visibile, l’editing diventa uno strumento potentissimo, che permette al fotografo di avvicinarsi quanto più possibile all’essenza più intima e inafferrabile delle cose. Editing e fotografia si intrecciano nelle immagini di Pierini in un dialogo parallelo e sovrapposto a quello tra realtà e finzione/narrazione. Northern Sea è un monito per lo spettatore, come lo è per il fotografo: guai dimenticare che il visibile è solo una parte del tutto.

Valeria Pierini, classe 1984, è fondatrice di Incontri di Fotografia, laureata in Comunicazione di Massa. La sua ricerca artistica si muove traendo ispirazione dalla letteratura, dalla filosofia e dallo storytelling. Negli ultimi anni sta ponendo molta attenzione alla docu-fiction, unendo materie scientifiche, letterarie e antropologiche. Ha esposto in numerose collettive e personali in Italia e all’estero, tiene corsi e workshop, per adulti e ragazzi, in associazioni scuole e università. Tra le ultime esposizioni e pubblicazioni: ‘Almost’ relativo a quanto prodotto durante la residenza artistica a Derry (Irlanda del Nord) e ‘PAN – uno studio sull’isolamento’. E’ stata finalista del Premio MIA, ha vinto il premio Still Young all’interno del SI Fest di Savignano Sul Rubicone e PHC – Capalbio fotografia.
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