Q&A di Loredana De Pace
Andiamo all’Origine di questo lavoro. Che titolo è mai questo?
Brain Damage è un pezzo dei Pink Floyd, contenuto nell’album “The dark side of the moon”. Ci sono cresciuto con quella musica, e di fatto il libro è una sorta di tributo alla poetica e alla cifra stilistica dei Floyd. Dopotutto nel libro parlo di danni celebrali conseguenti all’assunzione di sostanze stupefacenti o all’adozione di comportamenti devianti. Brain Damage, appunto.
C’è una foto che sembra un “moderno urlo”: come dove e soprattutto perché lo hai realizzato?
Ero a Rotterdam e il mio fixer mi disse che potevamo imbucarci in un rave party. Non mi sembrò vero!! Era un’occasione unica per realizzare un lavoro che avevo in mente da un sacco di tempo. È così che è nato Craving, uno dei quattro capitoli del libro. Una volta lì dentro notai questa ragazzina che non faceva altro che urlare.








Il volume della musica era altissimo e, anche solo per parlare col vicino, bisognava urlare. Solo che lei lo faceva in una maniera a dir poco particolare: il suo urlo esaltava contemporaneamente l’innocenza da adolescente e il suo essere completamente fuori di cervello a causa dell’assunzione di droga e alcool. Insomma, la avvicinai e le chiesi di urlare guardando in macchina. E scattai! Una sola foto. Un solo scatto che rappresenta un mondo borderline fatto di delusioni, amori perduti affogati nell’alcool, ma anche felicità ed energia allo stato puro.
In alcuni capitolo del libro hai preso degli attori invece di “usare gente vera”. Perché?
Gli attori ci sono in due dei quattro capitoli, Doppelganger e Lost in the K-hole. Erano dei mimi molto in gamba e li ho usati perché dovevo mettere in scena quello che succedeva nella mente di chi assume ketamina o è governato da un “doppio malefico”, che per definizione clinica è per l’appunto, il Doppelganger. Non avevo la possibilità di andare in giro a “rubare” pezzi di realtà per inserirli nel lavoro. Quello nelle foto è qualcosa che non esiste; perciò ho deciso di lavorare partendo da alcune interviste rilasciate da gente che aveva fatto quelle esperienze. I mimi – gente abituata a recitare senza l’uso della parola – hanno fatto il resto.







Sei proprio sicuro di riuscire a comunicare quel che vuoi dire usando due diversi linguaggi espressivi per lo stesso progetto?
La coerenza narrativa di un progetto è data dall’idea che lo supporta, non dal linguaggio che si usa. Almeno secondo me. Quindi, per ogni capitolo ho utilizzato il linguaggio che ritenevo più appropriato per il messaggio che volevo comunicare. Craving e Rorschach sono due reportage; se avessi voluto continuare a utilizzare il genere del reportage non avrei potuto mettere in scena gli altri due capitoli.
Nelle tue foto manca il contesto. Te ne sei accorto?
Non solo me ne sono accorto, ma… L’ho voluto io! Io volevo che il mio messaggio fosse universale e non riferito alle situazioni che stavo fotografando. Scene come quelle di Craving prese a Rotterdam, le ho ritrovate anche in altri posti, a Roma, Milano e anche in Sicilia. Ma non ho avuto bisogno di rifotografarle proprio perché lo avevo già fatto senza riferimenti di luogo.






C’è uno scatto che ci piace chiamare “L’urlo finale”: è tutto rosso e la faccia slabbrata sembra quella di un ectoplasma prodotto dalle distorsioni cerebrali…
Esatto! È proprio quello. È un urlo di disperazione profonda che proviene da un uomo che, dopo aver assunto ketamina, vede la sua testa staccarsi dal corpo e fluttuare in una sorta di pece nera. Un urlo senza speranza e senza possibilità di redenzione.
Alla fine dei conti, ce lo spieghi perché dobbiamo metterci a guardare le tue immagini, che sono “difficili”, invece di goderci la foto di un bel tramonto?
Bella domanda. Un tramonto può farti godere a livello emozionale; mentre le mie fotografie sono state concepite per mettere in moto il cervello. Si gode a livello concettuale sia perché si legge e si comprende il messaggio, sia perché dal punto di vista estetico/formale sono disseminate di simboli che richiamano alla mente esperienze, suoni, odori, visioni già vissute. L’intero libro è una sorta di “trip” lisergico, dalla prima immagine – Craving – fino all’ultima ossia Rorschach. Segue la tipica struttura della narrazione ossia situazione iniziale-rottura dell’equilibrio-climax-ricomposizione dell’equilibrio-situazione finale. Con una differenza: che la situazione finale non è il classico “e vissero tutti felici e contenti”. Alla fine del libro c’è il buio dell’anima.
Sei in mostra al ColornoPhotoLife 2021. Cosa si devono aspettare i visitatori?
Uno schiaffo in pieno volto. Quella mostra è concepita come un girone infernale, nel quale si entra non sapendo cosa aspettarsi e si esce con la testa piena di immagini angoscianti e disturbanti. Ed è proprio questo il messaggio che sta dietro al libro Brain Damage.










VUOI VEDERE BRAIN DAMAGE DAL VIVO?
LE FOTO SONO ESPOSTE AL COLORNOPHOTOLIFE 2021 FINO AL 7 NOVEMBRE 2021
MUPAC Museo dei paesaggi di terra e di fiume
Piazzale Vittorio Veneto – Colorno (PR)
https://www.colornophotolife.it/mostre-124-michele_di_donato
MICHELE DI DONATO
Michele Di Donato è nato in Puglia nel 1968 e vive in Sicilia da circa vent’anni. Studia economia aziendale e comincia a lavorare come formatore PNL e Analisi Transazionale, consulente di marketing e comunicazione. Si dedica alla fotografia sin da piccolo, all’inizio da autodidatta e poi studiandola in numerosi corsi e master. Svolge workshop in diversi contesti formativi sulla percezione visiva, la comunicazione visiva e la narrazione fotografica. Lettore di portfolio, nel corso del tempo ha ricevuto apprezzamenti a livello nazionale e internazionale fra i quali il Moscow International Foto Award 2015, 2016, 2020, il Budapest International Foto Award 2020, il Tokyo International Foto Award 2017, 2020, IOAF CONCH Award 2020 in Corea del Sud e il Sony World Photography Award 2017.
Le sue immagini sono state pubblicate su magazine come FOTO Cult, Cities, L’Oeil de la Photographie, Spectrum, Gente di Fotografia, Edge of Humanity Magazine Usa. I suoi scatti fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private e sono state esposte in mostre personali in tutto il mondo. Collabora con diverse aziende come product and advertising photographer, come Air Dolomiti, BNP Paribas-Italia, SNDesign Italia. È rappresentato dalle gallerie Singulart (Parigi), Saatchi Art (New York). Il suo ultimo libro si intitola Brain Damage (TDAS Editore – Catania, 2020).