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Andrea Arduini e Daniele Pilenga: Pianura

Cosa può raccontare un luogo dell’identità di chi ci è passato? Da questa domanda nasce il progetto ‘Pianura’ di Andrea Arduini e Daniele Pilenga, uniti nell’omonimo collettivo. Andrea e Daniele si conoscono sui social nei primi anni 2000 grazie alla comune passione per la fotografia. I due artisti, oltre alla passione, condividono la terra natia, in pianura padana. Constatando reciprocamente i parallelismi tra le rispettive “ricerche fotografiche” decidono, durante il lockdown imposto dalla pandemia, di sviluppare un progetto comune chiamandolo appunto ‘pianura’. Si tratta di un work in progress, un dialogo “generazionale” fatto di immagini, frutto del vivere quotidiano negli “spazi di pianura”.

L’architettura fa sia da oggetto che da soggetto di questa comune ricerca per immagini. Andrea e Daniele fotografano la loro terra, il mondo in cui sono cresciuti e che li ha definiti. ‘Pianura’ è il dialogo tra due città del Nord, Udine e Bergamo. L’architettura, in questo contesto, è “la forma in cui si concretizza l’antropizzazione della pianura nel corso del tempo”. I diversi stili, dall’antica tradizione contadina a quello novecentesco seguente il boom economico, fino a quello contemporaneo, definiscono in ultima analisi l’identità stessa di queste due popolazioni del nord Italia.

A guardarsi attorno con attenzione, i luoghi in cui viviamo e la maniera in cui decidiamo di abitarli si spogliano della loro funzione esclusivamente pratica per rivelare significati ulteriori. Attraverso lo sguardo fotografico è possibile “unire” luoghi spazialmente distanti, facilitando in questo modo la riflessione sui messaggi che la “faccia” di un agglomerato urbano può comunicare. Una porta, per esempio, non è soltanto un’apertura necessaria per entrare in un’abitazione che serve il suo scopo: una volta che viene fotografata e accostata ad altre porte si intuisce facilmente che ognuna di queste significa qualcosa, è parte attiva di una narrazione collettiva. La città, insomma, può essere vista come la costruzione fisica di un’identità comune che si estende sia nello spazio che nel tempo.

Proprio come l’essenza di una comunità, la città è costituita da singole parti, ognuna caratterizzata a seconda di un determinato gusto, dal sobrio al kitsch. è l’incontro della dimensione pubblica con quella privata. ‘Pianura’, con l’accostamento delle diverse parti, rende visibile l’insieme. Le scelte legate al disegno e alla costruzione della casa sono profondamente rivelatrici della personalità di chi la pensa e la crea. L’abitazione d’altronde riflette, piuttosto letteralmente, la vita. Se il senso estetico è essenziale, è altrettanto vero che questo non può prescindere dalla praticità dell’esistenza. Il risultato è un insieme di gusto e necessità, di scelte consapevoli e di bisogni obbligati.

Nella città, dopo le decisioni che portano alla sua prima formazione “ideale’, succede la vita. Ecco che le case, le strade e tutti i suoi luoghi, portano il segno del tempo e dell’usura, le tracce incancellabili di chiunque la attraversi. Organizziamo la nostra realtà in spazi che sono destinati a sopravviverci, eppure la nostra presenza lascia un segno, rimane come un’orma una volta che li abbandoniamo, condannati alla nostra mortalità.

La città ha allora un impatto attivo sulla formazione dell’uomo che la abita, allo stesso modo in cui l’eredità collettiva della comunità in cui è nato formerà le sue caratteristiche e abitudini. Da qualche parte dentro di noi rimangono sempre eretti i muri del luogo in cui siamo nati, anche quando crollano nella realtà. La nostra città ci appartiene e noi le apparteniamo, anche se la rifuggiamo o rifiutiamo. È parte di quello che siamo. ‘Pianura’ è lo studio a quattro mani di un dato di fatto: di un’appartenenza. Sta a noi decidere con quale disposizione d’animo porci avanti alle immagini di un’eredità che ci è imposta, come quella fisica, ingombrante e concreta di un luogo natio. Farci i conti però è necessario, a partire dalla consapevolezza che quello con la nostra città è un legame da cui non potremo, mai del tutto, liberarci.

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