Istanti inspiegabilmente preziosi, nati per caso, dall’osservazione di una realtà immersa in un “un particolare silenzio metafisico” di cui l’autore si nutre per esprimere le sue preoccupazioni e inquietudini. E’ questa la missione di P.R.C., acronimo di Prototipo Romantico Contemporaneo, il titolo che Diego Costantini associa all’indagine fotografica che ha condiviso con Origine Magazine.

Le sue immagini ricordano a tratti la poetica del fotografo giapponese Sugimoto, proprio come nel caso di quei panorami marittimi bicromatici avvolti da un’aurea di sacralità, a volte quella del celeberrimo Ghirri, proprio come nel caso della spiaggia deserta dai colori pastello. A volte il bianco e nero particolarmente contrastato suggerisce un’estetica di intersezione tra Moriyama e Hosoe.
Ma è proprio dall’accostamento di queste varie tipologie di immagini che P.R.C. si denota come qualcosa di diverso: quella che sembrerebbe un’impresa quasi impossibile, ovvero il saper mettere d’accordo estetiche così diverse, sembra essere in realtà un istinto naturale per l’autore.
Come Diego stesso ci spiega, lo scopo su cui si basa la serie è la determinazione della sua idea di esistenza, attraverso “lo sviluppo di un vero e proprio manifesto di una nuova poetica romantica, stavolta raccontata attraverso le immagini.” Non a caso, le fotografie sono pregne di tutti quei significati e simboli associabili al movimento artistico, musicale, culturale e letterario sviluppatosi al termine del XVIII secolo. L’idea stessa di assoluto è facilmente individuabile nella fotografia di un bovino circondato da un’immensa pianura incolta, immerso in un tappeto di luce che rende a malapena visibile l’immensità del mondo naturale. Allo stesso modo, si parla di sublime quando osserviamo il mare su cui cadono delicatamente quelli che sembrano fiocchi di neve. L’orizzonte risulta imperscrutabile: così come Il viandante sul mare di nebbia, ancora una volta ci troviamo fronte all’infinità della natura. Non ne siamo spaventati, ma piuttosto paralizzati. Quello che dovrebbe essere terrificante si traduce in motivo di pura e semplice bellezza.

Ma è anche e soprattutto della città che si occupa la serie di Diego Costantini. Scattate a Pescara, una città dell’Abruzzo “dal grande potenziale, ma che vede il suo appiattimento urbanistico e culturale attraverso le grandi opere dell’architettura edile degli anni ’70 e contemporanea”, le immagini si caricano di significato quando se ne intuisce l’impronta letteraria. In tal senso, la formazione dell’autore, improntata sull’architettura, ha avuto sicuramente un’importanza rilevante. Costantini ci illustra come la sua poetica sia stata influenzata dallo studio di Joseph Rykwert, uno dei più influenti storici dell’architettura viventi, e in particolare sulla sua idea di città, in cui si osserva come essa “sia nel suo insieme un organismo definito oltre che dai fattori socio economici anche da categorie psicologiche e antropologiche che ne costituiscono una forma simbolica dove si riflettono le ambizioni e i desideri di chi la abita.”
Nel suo complesso, P.C.R. è uno studio ambizioso ed estremamente suggestivo sul rapporto che vige tra l’autore e la sua idea di esistenza in relazione alla città che l’ha visto crescere. Attraverso ritratti, paesaggi, still life e un alternarsi di estetiche, all’apparenza contrastanti tra di loro, la serie si presenta come un analisi visiva potente e ricca di spunti di riflessione per chiunque guardi la vita con occhi romantici.