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Stefano Semeraro: Mare Rurale

Ciao Stefano, grazie per concederci questa breve intervista sulla tua serie Mare Rurale. Come prima domanda mi piacerebbe sapere da dove è partita la tua ricerca visiva e che cosa ti ha ispirato a portare a termine questo progetto. 

Mi piace pensare che questo progetto fosse custodito già in qualche parte del mio inconscio, e che sia emerso solo di recente per l’esigenza di voler fissare, attraverso le fotografie, i miei ricordi legati a questo territorio. In questa località marina, Specchiolla, ci sono cresciuto e ho trascorso buona parte della mia vita per via dell’attività lavorativa dei miei genitori, un ristorante sulla scogliera. Per tale motivo ho potuto vedere molti di questi luoghi nelle loro diverse fasi di vita (nascere, trasformarsi e morire), e mi è venuto spontaneo raccontarli con queste immagini. E mentre ero intento a raccogliere materiale fotografico per arricchire i miei ricordi, ho capito che questi paesaggi, per me quotidiani, avrebbero potuto incuriosire quelle persone che queste zone non le hanno mai viste.
Per questa ragione ho deciso infine di pubblicare queste immagini, creando così un dialogo tra la mia personale rappresentazione del paesaggio e le caratteristiche uniche di questo tratto di costa pugliese. 

E’ interessante la tua scelta di focalizzarti sul paesaggio marittimo senza includere la spiaggia. In questo modo l’immagine è sempre priva della figura umana, benché ne sia sottintesa la presenza attraverso le strutture architettoniche che scegli di raffigurare. Per quale motivo hai deciso di dare rilevanza a queste ultime? Cosa raffigura per te questa dicotomia visiva tra uomo e architettura? 

L’assenza della figura umana è una caratteristica che accompagna i miei progetti fotografici fin dal mio iniziale approccio alla fotografia. In questo modo cerco di porre come centro focale il rapporto tra la natura e l’opera dell’uomo all’interno di un territorio. L’assenza di spiagge in Mare Rurale non è solo una scelta per escludere la figura umana, ma ha uno scopo ben preciso: all’interno del racconto visivo ho inserito alcune vedute nelle quali il punto di vista permette allo spettatore di intuire la continuità territoriale tra i due ecosistemi coinvolti, la campagna e la zona balneare, caratteristica centrale del progetto e sintetizzata anche nel titolo. Per quanto riguarda le strutture architettoniche presenti, ho scelto di metterle in evidenza perché ai miei occhi appaiono come delle pause artificiali all’interno della natura, innesti dell’uomo lasciati in balia del tempo e della vegetazione. Visivamente la figura umana per me rappresenta un’interferenza all’interno dell’immagine di paesaggio, distoglie l’attenzione da ciò che voglio raccontare. Preferisco, invece, cogliere la presenza-assenza dell’uomo attraverso le sue architetture statiche che ben si prestano per essere protagoniste della scena. 

• Sempre a proposito degli edifici, in questa serie ne compaiono di diversi tipi: alcuni appartengono al passato, altri al presente, altri ancora ad una via di mezzo tra primi due. Il nostro sguardo viene così immerso in realtà temporali incongruenti, dove l’unico vero strumento su cui possiamo fare affidamento sembra essere il rapporto che vige tra natura e architettura. Che tipo di relazione vedi tra questi due elementi? 

Come hai già accennato, nella serie è evidente una stratificazione temporale degli edifici rappresentati. Già in passato ho avuto modo di rappresentare l’archeologia e il suo rapporto con la natura, e anche in questo caso si è trattato di effettuare una esplorazione archeologica del territorio, in cui ho documentato la presenza di diversi edifici distanti tra loro per epoche di appartenenza e funzione svolta. 

Queste strutture rappresentano il legante tra “mare” e “rurale”, la natura e l’artificio che coesistono attraverso l’architettura. L’intervento dell’uomo si manifesta in un duplice aspetto: da un lato la profonda trasformazione del paesaggio naturale per fini commerciali o speculativi, dall’altro l’uso funzionale di strutture architettoniche per adattarsi ad esso nel modo meno invasivo.

La natura, a sua volta, interviene nuovamente su quelle strutture lasciate incustodite o abbandonate dall’uomo, riappropriandosi di una parte degli spazi precedentemente appartenuti e diventando essa stessa architettura.
 

Questa simbiosi che si crea tra natura e architettura per me è essenziale nel raccontare il paesaggio e le sue trasformazioni nel tempo. 

Se volessi esporre le tue fotografie, che modalità di presentazione sceglieresti, e per quale motivo? 

Sicuramente sceglierei di esporre le fotografie su un supporto cartaceo. Penso che la scelta comunque debba essere fatta in base alle caratteristiche del luogo in cui si decide di esporre, affinché ci sia un dialogo tra le fotografie e l’area espositiva.

Per Mare Rurale mi piacerebbe pensare a fotografie stampate in grande formato, almeno 1 metro per il lato lungo, su carta opaca, senza cornici o altri supporti, appese semplicemente dai due angoli superiori e lasciate cadere per gravità. Sceglierei un’area dismessa o poco curata a livello strutturale, in modo da ottenere un maggiore impatto visivo delle opere attraverso il contrasto netto tra la natura rappresentata nelle immagini e l’architettura che le ospita. Un’area abbastanza grande da permettere allo spettatore non solo la visione a distanza delle opere ma anche un’esperienza immersiva nei paesaggi esposti. 


• Quello che ci mostri è un paesaggio marittimo italiano dal carattere selvaggio e naturale, radicalmente diverso da quello che si può individuare nelle maggior parte delle regioni settentrionali. Quali ritieni siano i caratteri distintivi che lo rendono unico nel suo genere? 

Faccio una premessa: i luoghi mostrati negli scatti appartengono ad una piccola porzione del tratto di costa brindisina accomunata da un simile paesaggio marittimo. Qui la linea di costa ha una morfologia particolare, le scogliere calcaree sono basse e frastagliate, soggette a erosione e di conseguenza alle trasformazioni relativamente rapide nel tempo. Ad esse si alternano piccole insenature sabbiose, zone occupate da dune costiere e aree paludose, in continuità con i vasti terreni adiacenti, questi ultimi rimasti incolti per molti decenni a causa dello scarso rendimento agricolo. Attualmente, il netto contrasto tra campi coltivati e zona balneare rende questa zona particolarmente interessante agli occhi di chi la visita per la prima volta. Muretti a secco, distese di terra color ruggine, enormi alberi di fico, agglomerati di canne e giunchi, dune sabbiose, edifici dismessi, siepi di oleandri variopinti, ritiri estivi e opere incompiute sono alcuni degli elementi disseminati qua e là che rendono unico questo tratto di costa.
 Nelle immediate vicinanze dell’area da me documentata si trovano, inoltre, numerose testimonianze del passato. Le torri costiere d’avvistamento, i resti delle sentinelle difensive del secolo scorso, i siti di insediamenti dell’Età del Bronzo e le rovine archeologiche risalenti all’epoca romana contribuiscono ad arricchire questo paesaggio marittimo. 

Instagram: @stefanogiosemeraro

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