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Michael Kenna, dipingere il buio

“Fortune favors those who work the hardest” Michael Kenna

La potenza del silenzio. 

Michel Kenna nasce nel 1953 nella cittadina industrializzata di Widnes nel nord-est dell’Inghilterra. Passa la sua infanzia prevalentemente da solo, condizione che non lo disturba affatto. Anzi, questa solitudine sarà il motivo cardine della grande espressività dei suoi lavori. Cresce nel segno della Chiesa Cattolica d’Irlanda, in un ambiente dogmatico, chiuso e severamente austero. Decide di frequentare il seminario, ma all’età di diciassette anni l’incontro con la fotografia gli fa scegliere un’altra strada. Finisce per dedicarsi agli studi fotografici e di stampa presso il London College of Printing, ma la vera svolta per la sua carriera avviene nel 1977 quando si trasferisce nel Nuovo Continente, a San Francisco, California. Negli anni passati negli Stati Uniti perfeziona la sua tecnica di stampa, grazie anche al prezioso incontro con un’altra fotografa: Ruth Bernhard. Kenna ad oggi è considerato uno dei più grandi interpreti della fotografia contemporanea. 

“Fotografia è una composizione di musica. Si devono solo suonare le note giuste”

Le sue “note giuste” sono perlopiù silenzi. 
Nei suoi scatti si ritrova tutta la potenza di un’anima che sta dialogando con il soggetto prescelto. La fotografia esprime un processo estremamente interiore, un dialogo, che viene mediato tramite l’occhio, la macchina fotografica, l’ambiente e l’atmosfera. Ancora una volta si tratta di un dialogo fatto di silenzi, pause, di estrema spiritualità e raccoglimento; un dialogo dell’‘io’ subconscio che viene fuori prepotente nell’afonia più totale. L’immagine risuona delle vibrazioni dell’anima. 

“Picture is a conversation”

Lo stesso fotografo, la sua persona a la sua anima sono coinvolti nello scatto. La prospettiva di ognuno di noi rende la realtà simile o contrapposta al proprio sentire. Ogni qual volta si osserva, si modifica la visione della nostra realtà. Esiste un principio nella fisica quantistica: non si può conoscere nello stesso momento temporale posizione e velocità di un oggetto. È proprio questo che Kenna ci invita a riconoscere nei suoi lavori. Noi interagiamo con la realtà e questa non ci sarà mai nota nella sua essenza né nel prima né nel dopo, ed il presente è un concetto relativo. 

L’immagine risulta essere quindi improvvisazione, la cattura del momento che ci sembra sia il più descrittivo, il più adatto. Ma è anche dubbio, incertezza. 

“Doubt is the centre of the faith”

Questa esigenza di mistero, di dubbio, di irriconoscibilità, di mancanza si trova nel pieno della sua forza nei lavori di Kenna, a partire dalla tecnica utilizzata. A differenza di altri fotografi a lui contemporanei, Michael rimane fedele al suo background artistico: la pellicola. Il suo mondo è la camera oscura, ed il gioco sapiente del bianco e nero dona ancora più forza alla sua opera. Tutto dipende da come verrà sviluppata l’immagine. Lo stesso scattare su pellicola crea dubbio nel fotografo. Scattando in digitale, il risultato è immediatamente apprezzabile o detestabile, mentre con la pellicola si deve attendere sino allo sviluppo, e l’incertezza si impadronisce di colui che ha scattato. 

Ed è proprio ad un accorto sviluppo fotografico che si accosta una luce eterea, talvolta pesante talvolta superficiale, che rendono i suoi scatti così particolari. La tecnica di scatto ancora una volta incide su cosa il fotografo vuole far percepire. Un tratto puramente kenniano, oltre al bianco e nero, è l’acquisizione di un’immagine con lunghi tempi di esposizione, così da ricreare quella patina malinconica che riveste il suo stesso animo. Un’aggiunta di movimento istantaneo, bloccato nel tempo ma non nello spazio, è come se la sua mente avesse già fissato intimamente quel dialogo temporale in una repentinità programmata. Lì, in quel luogo e in quel tempo, sto dialogando con la realtà e la realtà mi risponde.

“Passion, intensity and hard work”

Questo è il mantra di Michael Kenna. Passione per l’arte fotografica, sacrificare ore ed ore della propria vita, dei propri impegni, di alcune possibilità per puro piacere; intensità, essere sempre presenti, sempre attenti, osservare, imparare; lavoro duro, studio, pratica e fatica. I segreti di tutte le discipline. Sì, perché la fotografia è una disciplina, un sistema di regole, un modo di vivere. 

“Imitari avi disciplinam” – “Imitare la condotta dell’avo” Cicerone

A che colore associate la malinconia, la paura, la tristezza?

Non sicuramente con colori sgargianti, come rosso, arancione, giallo; forse le assocerete a colori più cupi, meno vivi, come grigio, verde scuro, nero. Il nero…Proprio il nero. 

Kenna, il maestro del bianco e nero. O anche solo del nero. Il nero nelle sue sfumature più miti regola le composizioni dei suoi scatti, delineando forme ed intuizioni in un quadro di quiete malinconica e paurosa. Quiete rotta forse solo dal rifugiarsi nelle regole prospettiche e compositive di cui ha così grande padronanza. Quella disciplina fotografica in qualche modo lo cura, lo tranquillizza, lo allontana dal nero (e dal bianco) della sua infanzia solitaria che lo ha profondamente segnato. Lui è il maestro del nero, dell’intimo. Caravaggio dipingeva con la luce, Kenna dipinge col buio. 

Concludere con due suoi scatti senza alcun commento, proprio come farebbe lui, è l’esperienza più bella dopo questo un mare di (forse vane) parole. Soggetto, luogo e data, è tutto ciò che importa…Michael Kenna. 

Fish Drying Racks, Wakkanai, Hokkaido, Japan. 2004

Pier and Nakashima Islands, Toya Lake, Hokkaido, Japan. 2002 

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